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Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte Liguria e Valle d'Aosta

ALPLA – ALPine LAkes: indicators of global change

Progetto finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Torino (CRT)

Progetto di ricerca applicati ai laghi; gli obiettvi sono applicati ai laghi della Balma (Alpi Cozie, Comune di Coazze)

Con il termine “alpino” si definiscono due diverse categorie di laghi, i laghi appartenenti alla catena delle Alpi ed i laghi situati oltre il limite della vegetazione arborea. Se la prima definizione è netta e comprensibile a tutti, la seconda è molto più vaga. Lungo la stessa catena alpina tale limite è infatti situato tra 2000 e 2500 m di altitudine nelle Alpi centrali, e tra 1500 e 2000 m nelle Alpi meridionali e nelle vallate marginali. Inoltre, sui pendii rivolti a sudovest, le piante si spingono più in alto per una maggior irradiazione solare; viceversa, nelle regioni mediterranee, il limite di distribuzione delle piante scende perché a quote superiori l’aridità è tale da non permetterne lo sviluppo.

Inoltre, il limite della vegetazione arborea non è fisso, ma tende ad innalzarsi, sia per l’abbandono dei pascoli di alta quota, che permette la crescita della vegetazione arborea, sia per effetto dell’aumento di temperatura, avvenuto nelle ultime decadi. In questa sede, sono ospitati laghi che possono avere o meno un immissario definito o essere alimentati da acque di fusione di nevai e/o di ghiacciai, ma che solitamente hanno un emissario e sono spesso considerati un’interruzione al flusso d’acqua di ruscelli o torrenti disseminati sulle montagne. I laghi alpini possono avere diversa origine (anche se la maggior parte risale all’ultima glaciazione) e diversa profondità (variabile approssimativamente fra 2 e 70 m); possono essere soggetti a periodi molto diversi di copertura ghiacciata (fino a 8 mesi) e possono presentare o meno vegetazione emersa o sommersa.

È facile quindi capire come mai alcuni di essi siano soggetti a forti variazioni di livello che tendono a destabilizzarne le comunità che li abitano, rompendo equilibri importanti per il mantenimento di popolamenti vegetali ed animali terresti ed acquatici. La Convenzione per la Protezione delle Alpi firmata nel 1991 dall’Unione Europea e dai paesi circostanti le Alpi (Germania, Francia, Liechtenstein, Italia, Austria, Svizzera e Slovenia), contiene un’esplicita indicazione per la conservazione e il recupero degli ecosistemi acquatici alpini. I laghi alpini si trovano per lo più in aree scarsamente popolate e contraddistinte da spiccata naturalità, spesso inserite in zone soggette a vincoli ambientali.

Sono soggetti a condizioni climatiche estreme, spesso difficilmente accessibili poiché posizionati in zone remote popolate da flora e fauna peculiari. Costituiscono un patrimonio naturalistico di primaria importanza e possiedono un'importante valenza ricreativa, turistica e didattica. Le caratteristiche del clima d’alta montagna fanno si che i laghi d’alta quota siano ambienti estremi, dove la fortissima variabilità stagionale costringe le dinamiche ecologiche entro i limiti temporali di un'estate brevissima e di un inverno severo. I bassi valori di temperatura delle acque, le modeste concentrazioni di nutrienti e la presenza di una copertura di ghiaccio per diversi mesi all'anno agiscono come fattori limitanti la produzione primaria. I laghi alpini sono generalmente piccoli, con reti trofiche più semplici di quelle dei laghi di pianura, ma fortemente influenzate da differenti fattori: ambientali, chimici e fisici.

Sono particolarmente sensibili all'impatto antropogenico, infatti, il chimismo delle acque è fortemente condizionato dalla composizione chimica delle deposizioni atmosferiche. Molti di essi sono lontani dalle principali fonti di inquinamento e possono essere utilizzati per studiare i cambiamenti naturali così come quelli indotti a distanza dall'attività antropica, come il trasporto a lungo raggio degli inquinanti atmosferici . Gli effetti del cambiamento climatico interessano particolarmente gli ambienti di alta quota, così come le deposizioni acide hanno rappresentato e rappresentano tutt'oggi (anche se in misura minore) un problema sulle Alpi. Diversi fattori contribuiscono al deterioramento dell'ecosistema alpino tra questi, i metalli pesanti, i POPs (Persistent Organic Pollutants) e le radiazioni UV. Gli ecosistemi acquatici alpini rappresentano possibili siti di accumulo (sink) per gli inquinanti e per i nutrienti che possono essere rilasciati dai ghiacciai a seguito del riscaldamento climatico. Di conseguenza, possono rappresentare una sorgente secondaria di tali composti per ecosistemi posti a quote inferiori quali corsi d’acqua e laghi subalpini, con implicazioni importanti per la qualità delle acque ed il loro utilizzo, nonché per la salute dell'uomo.

Pertanto, possono essere considerati degli ottimi indicatori ambientali, dei laboratori naturali particolarmente adatti per lo sviluppo di ricerche di base e di monitoraggio degli effetti delle pressioni antropiche sulle biocenosi e sulla biodiversità. I piani di tutela e gestione delle aree protette, e più in generale gli sforzi di conservazione, non possono prescindere da una conoscenza approfondita della biodiversità di questi ambienti, che a tutt’oggi si presenta frammentaria e limitata ad alcune componenti biotiche o ad alcune aree geografiche. Inoltre, il ruolo di tali ecosistemi come risorsa idrica rende necessaria l’adozione di un particolare regime di gestione. Pertanto, ai fini di una corretta caratterizzazione e valutazione degli ecosistemi lacustri alpini è necessario adottare un approccio integrato che prenda in considerazione le caratteristiche fisico-morfologiche, chimiche e biologiche di questi ecosistemi nonché le pressioni antropiche esercitate su di essi.

Obiettivi

Gli obiettivi di questo progetto di ricerca applicati ai Laghi della Balma (Alpi Cozie, Comune di Coazze) prevedono:

  1. la caratterizzazione geomorfologica eseguita attraverso l'utilizzo di nuove tecnologie (droni) e metodologie (rilievi aerofotogrammetrici e batimetrici) per il rilievo 3D del territorio;
  2. la caratterizzazione ecologica attraverso l’utilizzo di alcune componenti biotiche (macroinvertebrati bentonici e fauna ittica);
  3. la caratterizzazione chimico-fisica delle acque;
  4. la valutazione dell'impatto antropico sugli ecosistemi acquatici alpini attraverso l'analisi di microinquinanti ambientali rilevabili nelle comunità vegetali ed animali che popolano le loro acque;
  5. la stesura di un possibile piano di gestione per tutelare questi delicati ecosistemi, prospettando azioni di conservazione che limitino l’impatto di specie introdotte per ripristinare la biodiversità e favorire la sopravvivenza di specie indigene.

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